Leonardo Lombardi, Claudia Mezzapesa, Maria Rita Gisotti, Antonio Lauria, David Fanfani
La Convenzione Europea sul Paesaggio riconosce che il paesaggio è percepito e valorizzato in base al modo in cui le persone percepiscono, interiorizzano e interagiscono le sue risorse ambientali, culturali e sociali1.
In Casentino, l’Arno e i suoi affluenti svolgono un ruolo prezioso per il territorio e ne esprimono la più intima essenza legata a tradizioni e usi che si tramandano nella storia. Fonte d’acqua, di cibo e di energia, il sistema fluviale è stato utilizzato come via di comunicazione, come confine e per funzioni difensive. Le aree perifluviali hanno storicamente ospitato una parte importante delle aree agricole del Casentino, e molte zone industriali si localizzano sulle sue sponde, un tempo per sfruttare l’energia idroelettrica, oggi destinate princi-palmente a usi industriali e commerciali senza più alcun rapporto con il fiume se non come recettore di eventuali scarichi.
Il Piano di indirizzo Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico (PIT_PPR)2 della Regione Toscana descrive il fondovalle del Casentino come una pianura alluvionale «ancora caratterizzata da una matrice agricola tradizionale, in parte erosa da processi di urbanizzazione residenziale e industriale/artigianale, e attraversata dall’alto corso dell’Arno. Tale sistema di pianura alluvionale si collega alle matrici forestali montane mediante importanti paesaggi agricoli tradizionali, mosaicati con le formazioni forestali, e attraversati da un denso reticolo idrografico» (Regione Toscana, 2015: 26).
Fanno parte del bacino dell’Arno aree di interesse naturalistico come il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, le Riserve Statali di Scodella, Camaldoli e Badia Prataglia, e numerosi Siti della Rete europea Natura 2000, questi ultimi quali principale strumento dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità3.
Il fondovalle, tuttavia, è caratterizzato dai tessuti dell’urbanizzazione contemporanea, in particolare quelli classificati nella Carta del Territorio Urbanizzato del PIT come TPS1 (Tessuto a proliferazione produttiva lineare). Si tratta di aree produttive e/o commerciali con lotti di capannoni di grandi e medie dimensioni disposti lungo un’arteria stradale di scorrimento (ad es., l’area industriale nel Comune di Bibbiena) le cui principali criticità sono riconducibili all’alto impatto paesaggistico e visivo sull’intorno urbano e rurale-naturale, a spazi aperti interclusi e aree dismesse e/o degradate con relativo alto consumo di suolo, alla carenza e scarsa qualità degli spazi aperti pubblici, alla qualità urbana ed edilizia con strutture seriali prefabbricate prive di relazioni con il contesto e di qualsiasi qualità architettonica.
Il PIT suggerisce indirizzi per le politiche e definisce obiettivi di qualità paesaggistica e direttive che favoriscano nella pianura dell’Arno migliori livelli di permeabilità ecologica del paesaggio agricolo, che contengano i processi di urbanizzazione e artificializzazione all’interno del perimetro del territorio urbanizzato e incoraggino interventi di mitigazione dell’effetto di barriera ecologica legato alle aree urbanizzate, avviando azioni volte a salvaguardare, riqualificare e valorizzare le rive del fiume Arno.
Anche il PSIC (Piano Strutturale Intercomunale del Casentino)4 individua tra le principali strategie di sostenibilità, da perseguire lungo il fiume e gli affluenti, la rigenerazione urbana e il contenimento del consumo di suolo anche mediante la conservazione e il ripristino degli ecosistemi e della biodiversità potenziando le infrastrutture verdi e blu e la rete ecologica locale.
Recentemente in Casentino, come in altri territori, si assiste a una graduale riscoperta del valore degli ambienti fluviali e torrentizi, con l’avvio di progetti di recupero e rigenerazione di nuovi spazi creati per consentire alla comunità di godere delle sponde del fiume.
In particolare, si segnalano due importanti iniziative:
A seguito di queste iniziative strutturali e multiscalari si è assistito ad un processo crescente di riappropriazione sociale e culturale degli spazi perifluviali da parte della comunità, dinamica che ha innescato anche la nascita di pratiche virtuose e collaborazioni di successo tra privati che hanno avuto impatti sia sull’economia che sugli ecosistemi fluviali (si pensi, ad esempio, al Molin di Bucchio e al progetto “Antica Acquacoltura Molin di Bucchio”).
Obiettivo per il futuro sarà quello di coniugare questo nuovo interesse con la necessità di migliorare la qualità degli ecosistemi fluviali di fondovalle e i livelli di permeabilità ecologica delle aree di pertinenza fluviale e in generale del paesaggio di pianura, anche in considerazione delle pressioni legate al consumo di suolo e alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Nella fase di analisi della ricerca REACT, con riferimento a questo Tematismo, sono stati approfonditi i seguenti casi di studio:
La tabella seguente reca l’elenco delle Strategie di intervento e delle Azioni correlate relative al Tematismo T3.2 sviluppate nelle presenti Linee Guida.
Ultimo aggiornamento
09.07.2025