Una strategia di sviluppo territoriale è un insieme coordinato di strategie di intervento e dei relativi piani, programmi e azioni, elaborato da uno o più attori in funzione del raggiungimento di specifici obiettivi e tenendo conto delle risorse disponibili. Essa è volta a promuovere lo sviluppo all’interno di uno spazio geografico definito, identificato da un confine amministrativo o delimitato in base ad altri criteri (ad esempio, orografici). L’elaborazione di una strategia è un’attività intenzionale, ed è dunque attivata ed elaborata da un soggetto (singolo o collettivo) – che ne ha la responsabilità e che, di volta in volta, può essere un soggetto di natura pubblica o privata – o da un insieme di soggetti anche di natura eterogenea. La finalità di una strategia di sviluppo territoriale non è solo la crescita economica, ma anche il miglioramento della qualità della vita, la tutela dell’ambiente, la riduzione delle disuguaglianze, la valorizzazione delle identità locali e l’ampliamento delle opportunità educative e formative e il conseguente miglioramento del capitale umano e sociale. È a partire da questa visione che si è sviluppata la ricerca REACT, orientata a promuovere uno sviluppo sostenibile, integrato e inclusivo.
Una strategia di sviluppo territoriale ha come target un territorio nel suo complesso, o più frequentemente – vista la pluralità di elementi che lo compongono – una o più delle sue componenti (come l’economia o un suo particolare settore, ad esempio l’agricoltura o l’artigianato, la cultura, la formazione, il patrimonio costruito, ecc.). Spesso le strategie territoriali hanno origine da una politica pubblica, la quale può richiedere a un soggetto competente la definizione di una strategia per garantire un uso razionale e finalizzato di risorse pubbliche (come, ad esempio, nel caso dei Gruppi di Azione Locale – GAL – dell’iniziativa comunitaria LEADER), o a fronte del riconoscimento di particolari status o funzioni (come nel caso dei Distretti rurali o delle Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità, chiamati a definire una propria strategia in base alla quale possono poi ottenere il riconoscimento formale). In altri casi, le strategie territoriali sono espressione di spinte dal basso, attivate dalla volontà di attori territoriali e/o extraterritoriali; in queste situazioni, la possibilità di intercettare fondi pubblici per la realizzazione dei propri obiettivi rappresenta spesso una condizione essenziale.
Un aspetto molto importante di una strategia territoriale è la sua dimensione partecipativa: per avere successo è infatti auspicabile che essa non venga imposta dall’alto, ma emerga da un processo condiviso tra istituzioni, società civile, imprese e cittadini. Questo perché ogni territorio ha caratteristiche uniche – in termini di storia, risorse, problematiche – e per questo richiede un approccio su misura. Tuttavia, non sono rari gli esempi di strategie territoriali top-down, disegnate da soggetti e/o enti pubblici esterni al territorio, o con una competenza territoriale molto più ampia rispetto al territorio destinatario della strategia, e, di conseguenza, una visione che rischia di uniformare sotto una stessa cornice interpretativa territori tra loro assai diversi.
In un mondo sempre più globalizzato, ma al tempo stesso segnato da profonde disparità, in particolar modo tra aree urbane e aree marginali e interne, le politiche a supporto dello sviluppo territoriale incentrate sulla rigenerazione e valorizzazione delle molteplici componenti del paesaggio culturale assumono un ruolo fondamentale per garantire coesione sociale, crescita economica e sostenibilità ambientale. Attualmente numerose politiche insistono a vario titolo sulle componenti del paesaggio culturale: dalle misure di sviluppo agricolo e rurale sostenute dall’Unione Europea, alle politiche educative, fino agli strumenti regolatori legati alla pianificazione territoriale. Quest’ultima è articolata su più livelli di competenza: i Comuni sono responsabili della pianificazione urbanistica locale; le Province, pur riformate, mantengono funzioni di coordinamento sovracomunale attraverso strumenti come il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP); le Regioni definiscono gli indirizzi generali e approvano i piani paesaggistici; i Parchi, che possono essere regionali o nazionali, operano come enti gestori con competenze specifiche in materia di tutela ambientale e valorizzazione del territorio. A questa pluralità di politiche e strumenti corrisponde una pluralità di soggetti istituzionali e territoriali, ciascuno titolare di competenze specifiche nella progettazione e nell’attuazione degli interventi.
La valorizzazione sostenibile dei paesaggi culturali a vantaggio dello sviluppo socioeconomico delle aree interne italiane richiede, però, un cambiamento di paradigma al fine di superare approcci settoriali e frammentati. Data la natura complessa e multidimensionale dei territori delle aree interne e dei loro paesaggi culturali, è necessario sviluppare una visione sistemica dello sviluppo territoriale, capace di osservare il territorio come un sistema complesso e dinamico, in cui dimensioni ecologiche, economiche, sociali e culturali si intrecciano e si influenzano reciprocamente all’interno di un processo di pianificazione strategica adeguato.
Data la necessità, già ricordata nell’Introduzione, di considerare il paesaggio non solo come un bene estetico o naturalistico, ma come il risultato storico di un processo co-evolutivo tra comunità umane e ambiente, frutto di pratiche agricole, insediative e culturali sedimentate nel tempo, la sua valorizzazione richiede di intervenire su più livelli, riconoscendo l’interdipendenza tra elementi fisico-ambientali (biodiversità, suolo, acqua, foreste, clima, ecc.), patrimoni materiali e immateriali (spazio costruito, prodotti agroalimentari, saperi locali, tradizioni, riti, lingue e dialetti, ecc.), comunità e tessuti sociali (abitanti, imprese locali, associazioni, enti locali, ecc.), quadri normativi e istituzionali (politiche territoriali, pianificazione urbanistica, governance multilivello, ecc.).
L’elaborazione di una strategia di sviluppo territoriale fondata sulla valorizzazione delle risorse specifiche del paesaggio culturale dovrebbe configurarsi come un processo articolato, ampio e condiviso, capace di coinvolgere amministrazioni pubbliche, imprese, cittadini e altri attori locali. Tale processo mira ad armonizzare, per quanto possibile, obiettivi, risorse, interessi e competenze dei diversi soggetti in una visione condivisa del territorio, orientata alla definizione di una strategia congiunta di sviluppo.
Questo approccio sistemico implica la costruzione di alleanze territoriali in cui il paesaggio è considerato un “bene comune” e dove l’elaborazione di strategie di rigenerazione si basa, laddove possibile, su processi partecipativi bottom-up, capaci di mobilitare i molteplici attori del territorio (produttori, istituzioni, tecnici, ricercatori e cittadini) e i loro saperi. È attraverso tali convergenze, infatti, che è possibile generare strategie di valorizzazione del paesaggio culturale efficaci e durature, in grado di attivare processi di sviluppo territoriali sostenibili, che mettano al centro le comunità e la valorizzazione delle risorse locali.
Prima di passare in rassegna le diverse fasi di costruzione di una strategia di sviluppo territoriale, è fondamentale chiarire alcuni aspetti preliminari che ne definiscono l’impostazione generale e che saranno approfondite nelle Sezioni successive.
Il primo aspetto importante è il livello di applicazione della strategia. Una strategia, infatti, può configurarsi come settoriale, trasversale o generale:
Dunque, in uno stesso momento e per uno stesso territorio possono essere presenti diverse strategie, attivate da soggetti diversi e con finalità e obiettivi diversi, che potrebbero risultare sovrapposti e in taluni casi contrastanti. Per questo motivo può essere opportuno un’azione di coordinamento e messa in sinergia delle diverse strategie esistenti sul territorio (vedi più avanti la “meta-strategia”).
Un secondo elemento rilevante è la portata della strategia, ovvero la sua ampiezza territoriale, in quanto essa può riguardare un Comune, una vallata o un’intera area interna, ma può anche comprendere un territorio più ampio, come, ad esempio, quello provinciale o regionale.
Altro aspetto cruciale riguarda i soggetti coinvolti nell’iniziativa, in particolare, il soggetto promotore della strategia, ovvero chi ha avviato il percorso (un’amministrazione pubblica, un partenariato, un’impresa sociale, una comunità locale), e il soggetto attuatore, ovvero il soggetto che ne sarà il referente operativo durante l’implementazione. In alcuni casi, il soggetto promotore e quello attuatore possono coincidere.
Questi elementi (livello, portata e soggetti coinvolti) condizionano profondamente il modo in cui si definiscono tutte le fasi successive, ed è opportuno chiarirli sin dall’inizio per costruire una strategia coerente ed efficace.
La costruzione di una strategia di sviluppo territoriale efficace richiede un percorso articolato, suddiviso in fasi interconnesse, capaci di assicurare coerenza, partecipazione e risultati concreti [Fig. 2].
La prima fase consiste nell’effettuare una solida Analisi del contesto, durante la quale si raccolgono e si interpretano dati economici, sociali, ambientali e culturali per avere un quadro chiaro della situazione locale: si osservano l’economia e l’occupazione, le dinamiche demografiche, la disponibilità e qualità dei servizi pubblici e delle infrastrutture, lo stato dell’ambiente e delle risorse naturali, il patrimonio culturale, nonché i livelli di istruzione, salute e benessere della popolazione. Accanto a queste analisi tecniche, è opportuno coinvolgere gli abitanti e altri stakeholder attraverso momenti partecipativi, per integrare la lettura tecnica con quella esperienziale. Il risultato può essere una mappatura del contesto, talvolta realizzata attraverso una matrice SWOT, che riassume i punti di forza (Strenghts) e di debolezza (Weaknesses) interne al territorio analizzato, e le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) esterne ad esso, in relazione alle tematiche oggetto di analisi.
Fig. 2 – Fasi e principali attività nella costruzione di una strategia di sviluppo territoriale. (Elaborazione di Matteo Mengoni)
Sulla base di una conoscenza il più possibile approfondita del territorio sviluppata nella prima fase, si passa poi alla fase di Definizione della visione e degli obiettivi strategici. Si tratta di elaborare una visione condivisa del futuro desiderato da raggiungere nel medio-lungo periodo, stabilendo i valori di riferimento che orienteranno la strategia e traducendo questa visione in obiettivi concreti. Questi possono riguardare, ad esempio, la riduzione della disoccupazione giovanile, il miglioramento dei servizi sanitari, lo sviluppo del turismo sostenibile, la valorizzazione dei prodotti agroalimentari locali, l’attrazione di nuova imprenditoria o di nuovi residenti. È essenziale che tali obiettivi siano coerenti con le risorse economiche disponibili e rispondenti ai bisogni reali del territorio.
Una volta definita la direzione strategica generale, si passa alla fase di Elaborazione del piano operativo, volta ad attuare la complessiva strategia di sviluppo territoriale e alla progettazione delle relative azioni da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Si individuano le priorità di intervento, si progettano le attività concrete, si stabiliscono i soggetti responsabili, i tempi di attuazione, le fonti di finanziamento e i risultati attesi. Questa fase rappresenta il passaggio dal “cosa vogliamo fare” al “come lo facciamo”, ed è fondamentale per rendere la strategia attuabile.
La fase di Implementazione rappresenta il momento in cui la strategia prende forma nella realtà. È necessario un sistema di governance chiaro e funzionale, capace di coordinare le attività e favorire la collaborazione tra i vari attori coinvolti. In questo contesto possono nascere tavoli di lavoro, partenariati tra pubblico e privato, e strutture tecniche di supporto. Il successo dell’attuazione dipende anche dalla capacità di gestire le risorse, rispettare le scadenze, monitorare l’avanzamento delle attività e affrontare eventuali ostacoli in modo tempestivo.
Infine, qualunque strategia non può prescindere da un sistema di Monitoraggio e valutazione. È necessario, cioè, verificare l’efficacia delle azioni introdotte attraverso l’uso di indicatori che possano restituire l’andamento dei risultati attesi, per capire gli effetti che esse stanno avendo ed eventualmente attuare opportune azioni correttive. Oltre al monitoraggio continuo in itinere, è utile prevedere momenti di valutazione più approfonditi, intermedi e finali (ex post), per correggere eventuali criticità, aggiornare gli obiettivi o modificare le azioni. Questo approccio consente di mantenere la strategia viva e adattabile, in un’ottica di apprendimento continuo e miglioramento progressivo. Talvolta, è opportuna anche una valutazione ex ante, ovvero in fase di definizione della strategia, così da poter definire quali potrebbero essere gli effetti attesi della strategia o simulare scenari diversi a seconda delle diverse scelte che si potrebbero attuare in fase di definizione della stessa.
Per un approfondimento sulla valutazione degli effetti delle strategie, si veda La valutazione delle iniziative di rigenerazione del paesaggio culturale.
L’implementabilità e l’efficacia di una strategia di sviluppo territoriale dipende in larga parte dalla disponibilità, qualità e integrazione delle risorse attivate. Non si tratta solo di risorse finanziarie, ma anche, e forse soprattutto, di capitale umano, patrimonio territoriale, risorse informative e capacità organizzative. Nelle aree interne, a causa delle dinamiche in atto, la scarsità di risorse adeguate rappresenta un ostacolo molto significativo non solo per l’elaborazione, ma anche per l’implementazione di strategie territoriali basate sulla rigenerazione del paesaggio culturale.
Le risorse finanziarie costituiscono certamente una leva importante per sostenere gli interventi pianificati in una strategia di sviluppo. Nella definizione di una strategia è opportuno aver chiaro il quadro delle risorse che saranno disponibili a livello territoriale nel futuro prossimo, così da orientare la strategia e le azioni da implementare anche in base alla probabilità di intercettare tali risorse. Le risorse economiche possono provenire da fonti diverse – fondi pubblici europei, nazionali e regionali, ma anche finanziamenti privati – ed è spesso necessario integrare all’interno di una strategia fonti di finanziamento di tipo diverso per le diverse azioni da intraprendere. Per questo, per una strategia di sviluppo territoriale è opportuno riuscire ad integrarsi con le politiche e gli strumenti già esistenti a diversi livelli istituzionali. La capacità di dialogare e allinearsi con questi quadri politici consente, infatti, di evitare sovrapposizioni, frizioni e conflitti, massimizzare l’efficacia delle azioni e accedere a opportunità di finanziamento e supporto tecnico. Ciò richiede una lettura approfondita delle iniziative e politiche in atto, a livello europeo, nazionale e regionale.
Se le risorse finanziarie sono sicuramente importanti, le risorse umane rappresentano un capitale imprescindibile per qualsiasi strategia di sviluppo. Si tratta sia delle competenze presenti localmente (professionisti, amministratori, imprese, cittadini attivi), sia della possibilità di attrarre nuove energie, conoscenze e capacità attraverso reti di collaborazione e percorsi di formazione. Tenuto conto anche delle criticità determinate dalle dinamiche di spopolamento delle aree interne, investire nel rafforzamento del capitale umano locale – ad esempio, attraverso percorsi di capacity building, formazione tecnica, accompagnamento all’imprenditorialità, ma anche iniziative rivolte al neopopolamento o alla creazione di condizioni per la ‘restanza’ dei giovani (Teti, 2019) – è essenziale per assicurare continuità, innovazione e radicamento delle azioni nel tempo, e rappresenta, talvolta, una vera e propria strategia trasversale (come specificato sopra), capace di generare effetti in molteplici ambiti di sviluppo territoriale.
Le risorse naturali e culturali specifiche locali, infine, costituiscono il cuore del potenziale distintivo dei territori delle aree interne, e possono in talune situazioni agire come “catalizzatore generativo” dei processi di rigenerazione: non solo dovrebbero favorirli senza ‘consumarsi’, ma dovrebbero ispirarli; alimentandoli, dovrebbero evolvere con essi (Lauria, 2025b: 19). [Fig. 3]
Fig. 3 – Il paesaggio culturale come “catalizzatore generativo” dei processi di rigenerazione territoriale delle aree interne. (Elaborazione di Antonio Lauria)
Una strategia efficace deve partire dalla tutela e valorizzazione delle risorse specifiche, materiali e immateriali, del paesaggio culturale esistente: paesaggi, biodiversità, saperi tradizionali, architetture storiche, prodotto agroalimentari locali, reti sociali. In una prospettiva di sviluppo sostenibile, questi elementi non devono essere semplicemente utilizzati, ma valorizzati e gestiti in modo consapevole, integrato e lungimirante, affinché possano generare valore nel lungo periodo e, al contempo, conservarsi e rigenerarsi. Si tratta di attivare un circolo virtuoso che connetta recupero, valorizzazione e riproduzione delle risorse, garantendone la continuità per le generazioni future. Il tema della continuità è un aspetto cruciale nelle aree interne: molti processi sono legati alle capacità, ai talenti, alla disponibilità, ai contatti anche di singoli o di piccoli gruppi. Se tali processi non sono riconosciuti e incorporati in processi più ampi, rischiano di non resistere alla prova del tempo.
Attivare l’insieme di risorse diverse di cui un territorio dispone significa creare connessioni tra attori, rafforzare competenze, riconoscere vocazioni e opportunità, costruire fiducia: una strategia efficace deve essere in grado di riconoscere, mobilitare e valorizzare queste diverse risorse in modo coerente con gli obiettivi perseguiti. Per conseguire questo obiettivo si rivela spesso fondamentale la figura del “dinamizzatore territoriale” (vedi § 7.3), soggetto in grado di attivare, facilitare e coordinare le relazioni tra i diversi attori di un territorio (pubblici, privati e della società civile) allo scopo di generare sinergie, progetti condivisi, partecipazione attiva e visioni strategiche comuni. Può trattarsi di una figura formalizzata e assunta da professionisti (come progettisti territoriali, esperti di sviluppo locale o operatori sociali) oppure di soggetti chiave del territorio che agiscono come ‘ponti’ tra le istituzioni e le comunità.
Un altro aspetto fondamentale per il successo di una strategia di sviluppo territoriale è la governance, intesa come l’insieme delle relazioni, regole e processi attraverso cui si prendono decisioni condivise e si attuano le azioni strategiche. La governance è un processo multilivello dove interagiscono un livello intraterritoriale, un livello interterritoriale orizzontale e un livello verticale extra-territoriale.
La governance intra-territoriale riguarda il coordinamento tra attori locali (enti pubblici, imprese private, terzo settore) ed è fondamentale per costruire una visione realmente partecipata e condivisa. La governance interterritoriale orizzontale riguarda la collaborazione tra soggetti con pari ruolo istituzionale, appartenenti anche a territori diversi. È il caso delle reti di Comuni, dei Distretti rurali, e dei partenariati territoriali, ovvero forme di cooperazione che permettono di affrontare problemi comuni con soluzioni condivise. La governance verticale extra-territoriale, infine, attiene alla connessione tra il livello locale e quello regionale, nazionale ed europeo. Essa consente di allineare le strategie locali ai quadri politici sovraordinati, facilitando l’accesso alle risorse e rendendo i territori attori attivi nei processi di policymaking multilivello.
L’integrazione di questi livelli di governance permette di superare frammentazioni e conflitti di competenza, favorendo un approccio concertato e partecipativo allo sviluppo locale sostenibile.
L’elaborazione di una strategia unitaria per lo sviluppo territoriale nelle aree interne si scontra con una realtà complessa e articolata.
In primo luogo, spesso non esiste un soggetto istituzionale singolo che detenga, in modo esclusivo, la competenza o l’autorità per definire obiettivi e priorità condivise per tutto il territorio in questione. Le competenze pubbliche sono, infatti, spesso frammentate tra diversi livelli amministrativi e settori di intervento, e vi è talvolta una sovrapposizione di competenze sia settoriale che territoriale tra enti pubblici di natura e livello diversi (ad esempio, Regioni, Comuni, Unioni dei Comuni, Enti di gestione di parchi naturali), senza contare il fatto che le competenze di alcuni enti ricadono su territori molto più estesi e disomogenei delle singole aree interne in questione.
A ciò si aggiunge la natura intrinsecamente multidimensionale del paesaggio culturale, che coinvolge risorse e dimensioni molto diverse, attori eterogenei (istituzioni, imprese, associazioni, comunità locali) e quindi ambiti di competenza molto diversificati.
In questo contesto, non è realistico immaginare una strategia che possa abbracciare, in maniera esaustiva e coerente, tutte le componenti del paesaggio culturale di un determinato territorio. Al contrario, è necessario riconoscere l’esistenza di una pluralità di strategie – pubbliche e private, formali e informali – spesso mosse da interessi e orientate ad obiettivi differenti, talvolta divergenti o addirittura contrastanti. anche di singoli o di piccoli gruppi. Se tali processi non sono riconosciuti e incorporati in processi più ampi, rischiano di non resistere alla prova del tempo. Attivare l’insieme di risorse diverse di cui un territorio dispone significa creare connessioni tra attori, rafforzare competenze, riconoscere vocazioni e opportunità, costruire fiducia: una strategia efficace deve essere in grado di riconoscere, mobilitare e valorizzare queste diverse risorse in modo coerente con gli obiettivi perseguiti. Per conseguire questo obiettivo si rivela spesso fondamentale la figura del “dinamizzatore territoriale” (vedi “Un dinamizzatore come mentore della comunità”), soggetto in grado di attivare, facilitare e coordinare le relazioni tra i diversi attori di un territorio (pubblici, privati e della società civile) allo scopo di generare sinergie, progetti condivisi, partecipazione attiva e visioni strategiche comuni. Può trattarsi di una figura formalizzata e assunta da professionisti (come progettisti territoriali, esperti di sviluppo locale o operatori sociali) oppure di soggetti chiave del territorio che agiscono come ‘ponti’ tra le istituzioni e le comunità. Un altro aspetto fondamentale per il successo di una strategia di sviluppo territoriale è la governance, intesa come l’insieme delle relazioni, regole e processi attraverso cui si prendono decisioni condivise e si attuano le azioni strategiche. La governance è un processo multilivello dove interagiscono un livello intraterritoriale, un livello interterritoriale orizzontale e un livello verticale extra-territoriale. La governance intra-territoriale riguarda il coordinamento tra attori locali (enti pubblici, imprese private, terzo settore) ed è fondamentale per costruire una visione realmente partecipata e condivisa. La governance interterritoriale orizzontale riguarda la collaborazione tra soggetti con pari ruolo istituzionale, appartenenti anche a territori diversi. È il caso delle reti di Comuni, dei Distretti rurali, e dei partenariati territoriali, ovvero forme di cooperazione che permettono di affrontare problemi comuni con soluzioni condivise. La governance verticale extra-territoriale, infine, attiene alla connessione tra il livello locale e quello regionale, nazionale ed europeo. Essa consente di allineare le strategie locali ai quadri politici sovraordinati, facilitando l’accesso alle risorse e rendendo i territori attori attivi nei processi di policymaking multilivello. L’integrazione di questi livelli di governance permette di superare frammentazioni e conflitti di competenza, favorendo un approccio concertato e partecipativo allo sviluppo locale sostenibile.
All’interno di uno stesso territorio convivono, infatti, attività ed iniziative promosse da soggetti locali ed extra-locali, di natura pubblica e privata, con fonti di finanziamento, finalità e orizzonti temporali diversi. Esiste, quindi, un mosaico di strategie diverse, in cui le strategie delle singole imprese e associazioni private – che coinvolgono categorie specifiche del paesaggio culturale e operano su porzioni specifiche di territorio – si affiancano a quelle portate avanti da corpi intermedi (associazioni di categoria, consorzi, fondazioni, ecc.), che, a loro volta, interagiscono con le strategie delle amministrazioni pubbliche ai vari livelli (locali ed extra-locali).
In tale scenario, appare più sensato e realistico puntare alla costruzione di meta-strategie: un quadro di riferimento condiviso e multilivello che, senza sostituire le singole strategie esistenti, crei spazi di innovazione e definisca nuovi obiettivi generali e faciliti il coordinamento, la coerenza e la convergenza delle strategie esistenti verso obiettivi comuni. Questo approccio, inoltre, può stimolare l’elaborazione di nuove strategie. Non si tratta quindi di una strategia unica o unificante, ma di una “strategia delle strategie”: uno spazio (concettuale, operativo e istituzionale) in cui soggetti diversi (pubblici, privati, collettivi) possano confrontarsi, negoziare priorità e obiettivi, armonizzare visioni, coordinare le rispettive azioni in modo sinergico, orientandole verso una visione di sviluppo territoriale sostenibile e condivisa.
In quest’ottica, una meta-strategia territoriale dovrebbe agire allo stesso tempo in senso orizzontale, favorendo il dialogo tra soggetti di pari livello (comuni, associazioni, imprese, enti del terzo settore), e verticale, facilitando l’allineamento tra politiche e strategie di diverso livello (locali, regionali, nazionali ed europee). La governance del paesaggio culturale, in questa prospettiva, diventa, quindi, un esercizio continuo di mediazione, connessione e adattamento tra traiettorie molteplici.
La meta-strategia rappresenta, quindi, il quadro di riferimento entro cui si definiscono i principi guida, le priorità d’intervento e gli orizzonti temporali. Essa fornisce una direzione unitaria e aiuta a riconoscere le sfide principali da affrontare nel lungo periodo, fungendo da bussola per tutte le strategie ed azioni successive. Ispira, inoltre, l’elaborazione di strategie specifiche, trasversali e settoriali, chiamate a declinare la visione generale nei diversi abiti di intervento.
Un percorso per realizzare una meta-strategia nel contesto delle aree interne può essere la costituzione di un tavolo permanente inter-istituzionale o intersettoriale che raccolga e orienti le varie strategie in atto (ad esempio, turistiche, agricole, culturali, ambientali, educative), senza sostituirle, ma facilitando la loro convergenza verso uno sviluppo sostenibile e integrato. In questo senso sono di fondamentale importanza i processi di capacity building necessari per mettere gli attori in grado di dialogare e condividere una visione strategica basata sulla categoria di paesaggio culturale, ma collegata alle tematiche più generali del territorio. Un esempio ormai affermato in diversi territori è quello dei Distretti rurali (D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, Art. 13; L.R. Toscana 5 aprile 2017, n. 17 “Nuova disciplina dei distretti rurali”) – forme di aggregazione territoriale caratterizzate da una significativa concentrazione di attività agricole, agroalimentari, artigianali e culturali, integrate tra loro e strettamente legate alle risorse, alla storia e alle identità locali – che possono configurarsi come ‘luoghi’ privilegiati in cui promuovere uno sviluppo territoriale sostenibile attraverso la cooperazione tra imprese, enti pubblici e comunità locali.
Ultimo aggiornamento
03.12.2025