La ricchezza della sentieristica e degli itinerari che attraversano la valle del Casentino offre un’opportunità unica di esplorazione sostenibile e conoscenza del territorio (T3.1 “Luoghi e cammini della spiritualità e dell’identità culturale”). Tuttavia, la carenza di strutture ricettive e di accoglienza che consentano il pernottamento, la sosta e il ristoro, impedisce la piena valorizzazione del potenziale turistico e attrattivo della rete escursionistica. I tracciati si snodano anche in aree rurali, collinari o montane, dove si trovano edifici storici ormai inutilizzati e in stato di degrado, in particolare quelli legati alla tradizione agricola locale in disuso, che potrebbero essere riqualificati e riconvertiti in punti per l’ospitalità, offrendo così un’opportunità concreta per scongiurare l’abbandono, colmare la lacuna in termini di accoglienza lungo gli itinerari della valle e rilanciare l’offerta turistica.
Tra questi edifici, in Casentino assumono particolare interesse le piccole costruzioni agricole e forestali, originariamente utilizzate da boscaioli, pastori, carbonai, raccoglitori e lavoratori stagionali. Tra queste, rivestono una significativa importanza i seccatoi, edifici dalla prevalente funzione agricola e produttiva, legata in particolare alla trasformazione delle castagne, prodotto centrale dell’economia rurale locale. Situati all’interno degli stessi castagneti, nei borghi o di fianco delle case coloniche, i seccatoi hanno dimensioni che variano generalmente dai 20 ai 50 m2 circa in funzione della grandezza del castagneto e della produzione di castagne1.
Coniugare l’obiettivo di evitare la perdita di questo patrimonio con soluzioni di recupero direttamente connesse ad attività concrete e sostenibili, capaci di generare benefici economici e sociali per il territorio, può rappresentare una strategia efficace di valorizzazione dei castagneti e del contesto locale.
La Strategia propone di trasformare le piccole costruzioni agro-forestali abbandonate in microstrutture ricettive e punti di ristoro, rispondendo così a molteplici obiettivi: salvaguardare il patrimonio architettonico rurale, valorizzare il castagneto nel quale si trovano come elemento distintivo del paesaggio e promuovere un turismo esperienziale e sostenibile. Un modello di recupero affine, sebbene legato a economie attivate ed attivabili diverse dal contesto casentinese, è stato già sperimentato con successo in altre regioni italiane, dove manufatti tradizionali, come lamie e trulli pugliesi e dammusi siciliani, sono stati riconvertiti in strutture ricettive2.
Il Progetto di cooperazione interterritoriale “Le vie del castagno: valorizzazione delle risorse economiche, ambientali, turistiche e culturali tipiche del territorio toscano”3 mirava a promuovere il castagno dal punto di vista economico, ambientale, culturale e turistico come elemento qualificante del paesaggio e della storia della Toscana e dei territori montani, creando nuove opportunità nelle offerte turistiche della Regione Toscana. Tra gli obiettivi vi era la creazione di itinerari naturalistici, didattici ed enogastronomici attraverso l’utilizzo di strumenti innovativi (multimediali) per promuovere il castagno e la sua economia verso un pubblico più vasto. Il progetto intendeva implementare l’efficacia dell’attività promozionale a sostegno della castanicoltura della Regione Toscana che punta alla valorizzazione delle diverse tipicità presenti sul territorio tutelando i segni della cultura e delle tradizioni locali, in particolare le produzioni DOP ed IGP di marroni e castagne fresche e dei derivati (farina e miele). Al fine di stimolare la promozione turistica, il progetto prevedeva anche la realizzazione o valorizzazione di musei ed ecomusei del castagno, parchi ricreativi con presenza di castagni monumentali, itinerari naturalistici e didattici nei castagneti, sagre e manifestazioni gastronomiche dedicate al castagno, guide turistiche e gastronomiche locali utilizzando mezzi tradizionali e innovativi. Il capofila del progetto era il GAL Start srl di Borgo San Lorenzo; tra i partner figurano anche attori del territorio casentinese quali il GAL Appennino Aretino, l’Unione dei Comuni del Pratomagno e il Comune di Ortignano-Raggiolo. Nel Comune di Ortignano-Raggiolo, il progetto ha potenziato il sistema culturale-didattico dell’Ecomuseo del Casentino dedicato alla castagna presente nella Valteggina attraverso la creazione di una direttrice di collegamento ciclo-pedonale specifica in grado di valorizzare la produzione enogastronomica locale e il recupero di uno storico essiccatoio nel borgo di Raggiolo4. Nell’area di Firenzuola il progetto ha realizzato il recupero di un seccatoio per le castagne, con materiali ecosostenibili e utilizzo di energie rinnovabili, a fini ricettivi; il ripristino della sentieristica all’interno del castagneto e la creazione di un percorso enogastronomico.
La Strategia si ispira e sviluppa alcuni obiettivi enunciati nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 e si allinea agli obiettivi del PSIC, in particolare nella sezione “6.3.5. Identità e Appartenenza” e nel sottopunto “6.3.5.2. Qualificare i luoghi identitari”, che includono il recupero del castagneto da frutto e la promozione delle microeconomie locali.
Un possibile punto critico della Strategia potrebbe risiedere nell’impatto sull’ambiente. L’aumento del flusso turistico potrebbe causare una maggiore produzione di rifiuti, un consumo intensificato di risorse naturali, come acqua ed energia, e un incremento dell’inquinamento, fattori che devono essere valutati e gestiti accuratamente in fase progettuale e gestionale in una valutazione complessiva di costi e benefici – inclusi quelli esterni – derivanti dall’attività economica che si dovrebbe attivare intorno ai beni recuperati.
Altra potenziale criticità nello sviluppo della Strategia riguarda la scala economica delle strutture ricettive. Emerge il dubbio che queste attività possano essere troppo piccole per garantire la completa sostenibilità economica, rendendole dipendenti da finanziamenti pubblici.
Interrogarsi sulla reale efficacia di tali interventi e sulla loro opportunità in termini di utilizzo delle risorse pubbliche suggerisce la necessità di un’analisi preventiva sulla fattibilità del modello economico, che potrebbe includere strategie di integrazione tra più strutture, forme di gestione condivisa o l’inserimento in reti di offerta turistica più ampie per migliorarne la sostenibilità.
La Strategia, potendosi sviluppare lungo diverse linee operative, si apre a diversi soggetti promotori e attuatori. Di seguito vengono illustrate alcune opzioni possibili a titolo esemplificativo. In tutte le opzioni, il ruolo degli enti locali è cruciale per il successo della Strategia, poiché il pieno supporto delle istituzioni è indispensabile per consentire la trasformazione dei manufatti agricoli in strutture ricettive (ad es., categoria catastale). Una prima opzione prevede l’attivazione e il coinvolgimento diretto dei promotori privati dei seccatoi, che, singolarmente o in associazione, potrebbero proporre il recupero delle proprie strutture, previa autorizzazione delle autorità locali o regionali per la trasformazione d’uso da agricolo a ricettivo. Un’altra possibilità contempla un ruolo attivo degli enti locali (ad es., Unione dei Comuni Montani del Casentino, GAL Appennino Aretino, ecc.), che potrebbero assumere la funzione di soggetti promotori della Strategia collaborando con i privati e coinvolgendo le pro loco e le associazioni culturali nella gestione delle strutture ricettive e in attività correlate finalizzate alla valorizzazione del patrimonio culturale e gastronomico (ad es., promozione dei prodotti tipici, organizzazione di visite guidate e offerta di esperienze legate alla cultura agricola, ecc.). Una terza opzione è rappresentata da un’iniziativa proposta da un ente sovraordinato, come la Regione Toscana, che potrebbe intervenire con fondi pubblici per il recupero e la valorizzazione dei seccatoi, lanciando bandi per i proprietari che vogliano trasformare gli edifici in disuso in strutture ricettive. L’erogazione di fondi pubblici ai privati potrebbe essere vincolata alla concessione in uso dell’immobile a una gestione esterna collettiva.
Il processo tecnico descritto nelle Azioni prende in considerazione principalmente quest’ultima opzione.
Alla Strategia S2_T4.3 sono sottesi i Principi di rigenerazione REACT indicati in grassetto nell’elenco che segue:
P1. Conoscenza
P2. Recupero
P3. Salvaguardia
P4. Valorizzazione
P5. Governance
P6. Coesione sociale
P7. Dotazione di servizi
P8. Gestione.
L’Azione si basa sulla mappatura attualmente disponibile dei seccatoi e di altri opifici manufatturieri storici contenuta nel Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) della Regione Toscana.
L’obiettivo principale è verificare e convalidare il corretto posizionamento di questi manufatti sulla cartografia e di fare una prima valutazione dello stato dei manufatti e del contesto circostante.
Accanto a personale esperto, l’Azione potrebbe prevedere la partecipazione della comunità locale nella raccolta delle informazioni e nella verifica sul campo dei seccatoi. Questo permetterebbe di raccogliere conoscenze locali, come storie tradizionali o dettagli sull’uso passato dei seccatoi. L’iniziativa potrebbe essere organizzata con il supporto delle pro loco, delle associazioni culturali locali e degli istituti scolastici.
L’Azione si propone di definire i requisiti minimi per il riuso a fini ricettivi. L’obiettivo è identificare le esigenze specifiche delle strutture di ospitalità, traducendole in requisiti che i manufatti dovrebbero soddisfare. Per raggiungere questo scopo, dovrà essere condotta un’analisi approfondita dei manufatti esistenti, con particolare attenzione per quelli che presentano il maggior potenziale di trasformazione in microstrutture ricettive. I criteri per la selezione potranno riguardare sia le caratteristiche fisiche che la sostenibilità economica dell’attività. In particolare:
Sulla base dei risultati delle analisi preliminari, i seccatoi con il maggior potenziale di recupero potranno essere trasformati in microstrutture ricettive, con l’obiettivo di diversificare l’offerta e soddisfare le diverse esigenze di turisti ed escursionisti, promuovendo un turismo sostenibile. Possono ipotizzarsi due principali tipologie, che presentano modelli economici e percorsi attuativi differenti e che richiederanno pertanto approcci distinti in termini di gestione e sostenibilità.
Considerando che i seccatoi e altre piccole costruzioni agricole o agro-forestali sono di proprietà privata, questa Azione promuove accordi per la concessione in uso dei beni, finalizzati a gestire in modo collettivo questo patrimonio. L’obiettivo è favorire lo sviluppo economico e sociale del territorio attraverso modelli di gestione incentrati su turismo sostenibile e valorizzazione del paesaggio.
Il gestore esterno potrà essere individuato tra soggetti con esperienza nella gestione di strutture ricettive e nella promozione del turismo sostenibile. Tra questi si potranno avere imprese sociali e cooperative di comunità (capaci di attivare un modello di gestione condiviso anche con le comunità locali), associazioni escursionistiche e di volontariato, come il CAI (qualora le strutture siano destinate all’accoglienza non a fini di lucro), imprenditori o operatori turistici e ricettivi locali, nel caso di modelli di ospitalità a pagamento.
Le condizioni della concessione, eventualmente aperta anche a proprietari desiderosi di unirsi all’iniziativa, saranno definite in base alla tipologia di gestione adottata, con criteri che mirano a garantire una gestione fattibile e sostenibile nel tempo, come ad esempio:
L’Azione si focalizza sulla progettazione e, in particolare, sugli aspetti architettonici e ambientali. Dal punto di vista architettonico, il recupero dovrebbe mirare a sperimentare un dialogo proficuo tra tradizione e innovazione con focus sull’uso di energie rinnovabili, per garantire, nella misura maggiore possibile, l’autosufficienza energetica e soluzioni ecosostenibili. L’obiettivo è ottenere un impatto volumetrico contenuto e un consumo minimo di risorse, limitando gli ampliamenti allo stretto necessario e favorendo soluzioni progettuali contemporanee che si integrino armoniosamente con il contesto. In linea con l’impegno verso la costruzione a emissioni zero, i progetti dovrebbero promuovere l’utilizzo di risorse locali, incentivando l’impiego di materiali provenienti da filiere a km zero. Dove possibile, si potranno prevedere aree esterne per la sosta e il pic-nic e, con particolare prudenza, punti fuoco all’aperto. Nei seccatoi serviti dalla rete elettrica occorre utilizzare corpi illuminanti che riducano l’impatto sulla fauna notturna.
Un esempio emblematico è rappresentato da “VIONElab”, un progetto pluriennale dedicato alla rigenerazione di una piccola comunità alpina in provincia di Brescia. La Comunità Montana di Valle Camonica ha istituito un premio internazionale di architettura (Premio Architettura Minima nelle Alpi) per promuovere interventi di qualità, mirati a riqualificare volumi esistenti e a stimolare dinamiche di evoluzione abitativa e comunitaria. Questa iniziativa si distingue non solo per il suo approccio innovativo, che integra tradizione e modernità, ma anche per l’impegno a sviluppare proposte che minimizzino l’uso di volumi, energie e risorse.
Il progetto potrebbe anche prevedere forme di recupero testimoniale, per mostrare come funzionava l’essiccazione delle castagne e l’uso del seccatoio, grazie a pannelli informativi dotati di codice QR o tag NFC che consentano l’accesso a risorse informative consultabili attraverso il sistema digitale richiamato nell’Azione A7_S2_T4.3 “Implementazione di un sistema digitale per l’accesso e la promozione delle microstrutture di ospitalità”. Inoltre, dovrebbero essere segnalati i percorsi di trekking che si snodano nei pressi del manufatto.
L’Azione propone la creazione di una rete di percorsi secondari che colleghino le costruzioni agricole e forestali riconvertite tra loro e con la rete escursionistica esistente per incentivare la mobilità lenta (a piedi, in bici, a cavallo) e per facilitare l’accesso ai seccatoi da parte degli escursionisti. Un buon collegamento tra i seccatoi diffusi nel territorio permetterebbe di progettare itinerari di più giorni, che prevedano il pernottamento in diversi manufatti lungo il percorso, favorendo un modello di turismo esperienziale e sostenibile.
La realizzazione della rete sentieristica richiederà una collaborazione coordinata tra diversi soggetti, con un chiaro modello di gestione sia per la rete stessa sia per le strutture connesse. Le associazioni escursionistiche e di volontariato, come il CAI, potranno avere un ruolo chiave nella tracciatura, nella manutenzione e nella segnaletica dei nuovi percorsi. I Comuni e l’Unione dei Comuni potrebbero contribuire alla definizione di un piano sentieristico e al coordinamento con la viabilità e la pianificazione territoriale. I proprietari delle strutture riconvertite potrebbero facilitare l’accesso mediante servitù di passaggio o accordi per l’uso temporaneo dei terreni. Infine, gli operatori turistici e ricettivi del luogo potranno supportare la promozione degli itinerari e la loro integrazione nell’offerta turistica del territorio.
L’Azione prevede l’ampliamento della capacità di accesso, gestione e valorizzazione delle strutture riconvertite mediante la digitalizzazione delle informazioni e dei servizi turistici. Questo obiettivo può essere raggiunto sia attraverso la creazione di un sistema digitale ex novo, composto da una app mobile e una piattaforma online, sia integrando l’iniziativa in app e portali turistici già esistenti, ottimizzando le risorse e ampliando la visibilità delle strutture all’interno di circuiti consolidati.
Il sistema digitale consentirebbe di fornire informazioni sull’ubicazione delle strutture, una loro sintetica descrizione e la possibilità di prenotare pacchetti turistici integrati, che includano pernottamenti presso strutture presidiate (A3_S2_T4.3 “Diversificazione dell’offerta e creazione di microstrutture ricettive”), escursioni guidate e attività di valorizzazione del territorio come eventi, mercati, sagre, visite ad aziende agricole e degustazioni di prodotti tipici.
L’infrastruttura digitale integrata dovrebbe inoltre fornire dettagli essenziali, incluse le modalità di utilizzo (accesso libero o su prenotazione), numero di posti letto e loro descrizione, dotazioni disponibili (ad es., arredi, attrezzature, acqua corrente, energia elettrica, servizi igienici, area di sosta attrezzata), copertura Internet e modalità di accesso, indicando la distanza dai principali punti di riferimento per chi si sposta a piedi o in bici.
Il sistema digitale integrato dovrebbe permettere la prenotazione diretta dei pernottamenti per i manufatti non a libero accesso e la verifica della loro disponibilità in tempo reale. Infine, brevi video informativi potrebbero illustrare le funzioni storiche di queste strutture, con un focus specifico sui seccatoi, il loro funzionamento e il ruolo della castagna nella storia del Casentino.
La Strategia T4.3 non dovrebbe limitarsi al recupero e alla salvaguardia dei seccatoi e strutture affini, ma dovrebbe mirare anche a preservare e valorizzare il contesto naturale del castagneto, promuovendo al contempo la cultura della castagna. La castagna ha avuto un ruolo centrale nella storia del Casentino, contribuendo in modo significativo alla sua identità culturale, ambientale, paesaggistica ed enogastronomica. Un tempo, i castagneti costituivano un elemento distintivo del paesaggio forestale del Pratomagno, estendendosi dai 500 m fino a 1.100 m di altitudine. La Castagna mondigiana del Pratomagno, la Castagna perella del Pratomagno, la Farina di castagne del Pratomagno sono tra i 464 prodotti riconosciuti come PAT (Prodotti Agricoli Tradizionali) della Toscana (T1.1 “Recupero e valorizzazione dei prodotti agricoli tradizionali”). Tuttavia, a partire dal secolo scorso, molti castagneti sono stati progressivamente abbandonati. Questo fenomeno, legato a molteplici fattori, tra cui la ridotta scala economica delle singole coltivazioni, è stato determinato soprattutto dal calo della domanda dei prodotti del castagno. In passato, questi prodotti erano essenziali per la sopravvivenza delle famiglie contadine, inserite in un’economia prevalentemente di sussistenza. Con la trasformazione di questo modello economico, la gestione dei castagneti ha perso di attrattività per i proprietari, provocando il loro graduale abbandono.
In alcune zone appenniniche toscane i castagneti da frutto recuperati sono diventati luoghi di socialità, di apprendimento e fruizione turistica e scenario per feste tradizionali. Si segnala, ad esempio, la Selva di Filetto, a Villafranca in Lunigiana (Massa Carrara), luogo di cerimonie protostoriche e dove, dal XVII sec., si svolge la Fiera di San Genesio, un evento che, nato come fiera di bestiame, si è trasformato in un’occasione per la promozione del territorio e del patrimonio gastronomico locale. Si segnala anche il Sentiero dell’Armonia, nei pressi del borgo di Raggiolo, dove per impulso di due fratelli (Giuseppe e Remo Giovannuzzi), è stato realizzato all’interno di un castagneto un museo a cielo aperto dove sculture di grande suggestione raccontano la lotta tra il bene e il male. Il Sentiero dell’Armonia ospita visite guidate, dove i visitatori conoscono, attraverso l’arte, aspetti peculiari della cultura della castagna in Casentino.
Per affrontare le sfide legate alla conservazione e valorizzazione di questo patrimonio naturale e culturale, l’Azione promuove la creazione di associazioni fondiarie con l’obiettivo di gestire in modo collettivo terreni agricoli e forestali, inclusi quelli abbandonati. Queste associazioni, promosse da enti locali, consorzi agricoli, comunità montane o associazioni di categoria, potrebbero coordinare e incentivare il recupero e la manutenzione dei castagneti attraverso forme di gestione condivisa. Nello specifico, le associazioni fondiarie potrebbero:
La gestione collettiva del territorio montano è già un tema di interesse per la Regione Toscana, che sta promuovendo iniziative come la Foresta Modello delle Montagne Fiorentine e la Comunità del Bosco del Monte Pisano. Questi progetti evidenziano l’importanza di modelli di gestione condivisa e sostenibile, in grado di favorire la valorizzazione del patrimonio rurale, migliorando la resilienza e la competitività delle comunità locali.
Per garantire l’efficacia del recupero, sarà necessario affrontare il tema non solo sotto l’aspetto agricolo, ma anche economico, puntando a rilanciare la domanda dei prodotti del castagno tramite iniziative di promozione collettiva e nuove strategie di mercato. Il coinvolgimento di associazioni, consorzi e organizzazioni di produttori sarà determinante per valorizzare questo patrimonio in chiave contemporanea, ampliando le possibilità di utilizzo e incentivando la commercializzazione su scala più ampia. Una criticità da considerare potrebbe riguardare la presenza di terreni agricoli cosiddetti “di nessuno”, ovvero appezzamenti per i quali non è possibile identificare i proprietari a causa della mancata tracciabilità dei passaggi ereditari. Questo problema, diffuso in molte aree rurali marginali italiane, può essere affrontato con successo proprio attraverso l’istituzione di associazioni fondiarie o altri strumenti di gestione collettiva, capaci di aggregare le proprietà frammentate e renderle nuovamente produttive.
Ultimo aggiornamento
19.07.2025