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Area Tematica 1

L’Area Tematica 1 riguarda il patrimonio agricolo, agro-alimentare e forestale e le connesse attività artigianali di lavorazione e trasformazione. Agricoltura e foreste hanno rivestito un ruolo chiave nelle aree interne, non solo perché generatrici di occupazione e reddito, ma anche in quanto plasmano l’uso del suolo e il paesaggio fisico e culturale grazie alle produzioni tipiche, alla gastronomia, ai manufatti e alle tradizioni. Tuttavia, la competizione dei sistemi di produzione intensivi e lo sviluppo di materiali sostitutivi ha generato difficoltà crescenti, con fenomeni diffusi di abbandono e conseguente erosione del patrimonio materiale e immateriale. La valorizzazione del patrimonio agricolo, agro-alimentare e forestale può rappresentare una leva importante per la rigenerazione complessiva dei territori interni.

L’Area Tematica si articola in due Tematismi: T1.1 “Recupero e valorizzazione dei prodotti agroalimentari di origine” e T1.2 “Valorizzazione del bosco come risorsa ecosistemica”. Il primo Tematismo riguarda i prodotti agroalimentari di origine, con una focalizzazione particolare sulle iniziative collettive di recupero e di valorizzazione sostenibile e inclusiva di tali prodotti, tenendo conto non solo della dimensione della filiera produttiva, ma anche dei più ampi effetti territoriali. Il secondo Tematismo riguarda la valorizzazione del bosco come risorsa ecosistemica, dunque riconoscendone le molteplici valenze, dall’approvvigionamento di legname per produzione di manufatti o oggetti di design, alla produzione di crediti di carbonio, al ruolo di supporto di forme di turismo sostenibile.

 

T1.1 Recupero e valorizzazione dei prodotti agroalimentari di origine

Giovanni Belletti, Andrea Marescotti, Matteo Mengoni

Il presente Tematismo affronta il tema del recupero e della valorizzazione dei prodotti agroalimentari di origine. Con questa espressione si intendono tutti quei prodotti agricoli e agroalimentari che hanno un collegamento forte con un determinato territorio (nel nostro caso, il Casentino), per via dell’origine delle materie prime con cui vengono realizzati, della localizzazione dei processi di lavorazione e trasformazione che subiscono e/o del radicamento nella tradizione locale delle tecniche e dei processi produttivi nonché delle ricette di lavorazione e preparazione. Si tratta, quindi, di prodotti che hanno un collegamento forte con alcuni elementi, materiali e immateriali, del paesaggio culturale di un dato territorio, e che possono, se opportunamente qualificati e valorizzati, dare un importante contributo allo sviluppo territoriale sostenibile dello stesso.

Le aree interne, e dunque il Casentino, sono in genere particolarmente ricche di prodotti di origine, sui quali però spesso si riflettono le difficoltà e gli ostacoli che affliggono le aree interne stesse, tanto da mettere a rischio la loro stessa esistenza. Si tratta, infatti, di coltivazioni e/o produzioni di dimensione e volume spesso esigui, caratterizzate da processi produttivi complessi e da operatori numericamente ridotti e sparsi sul territorio. Questi, anche per le caratteristiche delle filiere in cui operano, non riescono in moltissimi casi a gestire in maniera efficiente i costi di produzione, a beneficiare di economie di scala, a raggiungere in maniera significativa il mercato e, in ultima istanza, a garantire un’adeguata remunerazione delle risorse impiegate.

Un altro tema importante è il collegamento di questi prodotti con le risorse locali. Spesso, per far fronte alle difficoltà sopra citate o alla concorrenza dei prodotti industriali, della grande distribuzione organizzata e dei prodotti d’importazione – o più semplicemente, talvolta, alla forte riduzione o scomparsa della produzione delle materie prime locali – i prodotti d’origine perdono il collegamento effettivo con il territorio ed entrano nei loro processi produttivi materie prime non locali che ne alterano le caratteristiche. Ciò rappresenta un problema, soprattutto nella misura in cui il consumatore non ne viene opportunamente informato e si continua a vendere il prodotto come ‘locale’ beneficiando del ritorno economico derivante dalla sua reputazione legata al territorio di produzione.

Nel tentativo di tutelare, recuperare e valorizzare i prodotti d’origine, un ruolo importante può essere giocato dall’impiego di segni di qualità e di strumenti di qualificazione, quali marchi collettivi geografici, denominazioni di origine, indicazioni geografiche, certificazioni di processo e/o di prodotto.

Il Tematismo si focalizza, in particolare, sulle iniziative collettive di recupero e di valorizzazione sostenibile e inclusiva dei prodotti agroalimentari di origine, osservate secondo la prospettiva del circolo virtuoso della valorizzazione (Vandecandelaere et al., 2010), tenendo conto non solo della dimensione della filiera produttiva, ma anche dei più ampi effetti territoriali che la valorizzazione di questi prodotti può generare. I prodotti di origine sono espressione di grande rilevanza del paesaggio culturale di un territorio, collegati a molte altre componenti del patrimonio materiale (paesaggi agrari, risorse genetiche dell’agrobiodiversità) e del patrimonio immateriale (tradizioni, saperi contestuali, gastronomia). Nonostante le potenzialità e l’interesse con cui attori privati e istituzionali si rivolgono a tali prodotti, molti di essi sono quasi del tutto spariti o in via di sparizione, mentre in altri casi sono soggetti a una perdita di collegamento con il territorio di origine e/o a imitazioni; molto spesso, inoltre, la loro valorizzazione è al di sotto delle potenzialità e delle aspettative.

Questo fatto è evidente anche osservando una categoria specifica dei prodotti di origine, quelli compresi nell’elenco regionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), ai quali negli ultimi anni la Regione Toscana dedica particolare attenzione (Mignani & Cavicchi, 2004), tanto da avere attivato uno specifico percorso finalizzato alla creazione di un Centro delle competenze. Questo registro contiene una serie di prodotti e/o ricette, espressione della tradizione agroalimentare locale, che possiedono un alto valore gastronomico e culturale, ma ai quali non si applica al momento la tutela europea delle indicazioni geografiche (IGP e DOP). Il requisito fondamentale a cui fanno riferimento questi prodotti è la tradizionalità del metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura, che deve risultare consolidata nel tempo (per un periodo di almeno 25 anni). Tali prodotti hanno ricevuto un riconoscimento ufficiale con il D.Lgs. 173/1998 che ne ha istituito l’elenco nazionale presso il Ministero dell’Agricoltura, aggiornato annualmente dalle Regioni. Dal 2008 i PAT sono definiti come espressione del patrimonio culturale italiano, al pari dei beni storici, artistici e architettonici perché evocativi di comunità e territori, di memoria e identità. 

La Toscana detiene 464 prodotti registrati come PAT (seconda Regione in Italia). Di questi, ben 89 sono ubicati nella provincia di Arezzo e numerosi in Casentino: il Tortello alla lastra di Corezzo, il Prosciutto del Casentino, il Pecorino del Casentino, la Mela rosa del Casentino, la Patata rossa di Cetica, gli Gnudi/Gnocchi del Casentino, la Trota Fario Appenninica del Casentino, la Castagna mondigiana del Pratomagno, la Castagna perella del Pratomagno, la Farina di castagne del Pratomagno. A questi si aggiungono altri prodotti fortemente radicati al territorio, come la Castagna raggiolana. Molto diffusa grazie alla buona produttività in farina e legno da opera.

I principali aspetti di approfondimento all’interno del Tematismo sono costituiti da: (1) le iniziative collettive di recupero, tutela, valorizzazione e vendita dei prodotti di origine, (2) i meccanismi collettivi di segnalazione della qualità, (3) le modalità di accesso al mercato, con particolare riferimento alle forme di filiera corta, e (4) le ricadute sociali ed economiche sul territorio, compresi gli effetti indotti sulle altre attività quali, ad esempio, il turismo.

 

Nella fase di analisi della ricerca REACT, con riferimento a questo Tematismo, sono stati approfonditi i seguenti Casi di studio:

 

  • Tortello alla lastra di Corezzo
  • Pecorino del Casentino
  • Castagna e prodotti della castagna
  • Forme di filiera corta

 

S1_T1.1 Sviluppo di  un sistema di governance territoriale per lo sviluppo rurale, l’agricoltura e il cibo

La capacità di includere imprese (e loro organizzazioni), cittadini (e loro associazioni) e istituzioni nella progettazione e gestione delle politiche e attività locali è riconosciuta come un fattore di successo per la formazione di sistemi agricoli e alimentari sostenibili e inclusivi.

La presente Strategia è dunque rivolta all’attivazione e gestione di un sistema di coordinamento e di governance territoriale per il Casentino legato al cibo, all’agricoltura e al paesaggio agrario e rurale, finalizzato a generare un approccio integrato e partecipativo allo sviluppo territoriale sostenibile della Valle partendo dalla valorizzazione del suo patrimonio bioculturale.

In Casentino, in tema di agricoltura e prodotti tipici e tradizionali, si rileva la mancanza di una visione strategica territoriale comune, nonché una carenza di sinergie e di iniziative congiunte da parte degli attori attivi sul territorio. La situazione si è deteriorata con il riassorbimento di competenze in materia di sviluppo rurale e agricolo dalle province e comunità montane al livello regionale. Negli ultimi anni il quadro normativo nazionale e regionale, tuttavia, ha istituzionalizzato alcune forme di governance territoriale (distretti agroalimentari, distretti rurali, comunità del cibo e dell'agrobiodiversità, biodistretti) che offrono interessanti opportunità anche al territorio del Casentino.

Partendo dagli attori locali esistenti e dalle iniziative collettive già messe in atto, questa Strategia si propone di avviare un tavolo di confronto partecipativo tra i vari soggetti interessati, al fine di disegnare un sistema di coordinamento e (possibilmente) di governance territoriale appropriato che risponda agli obiettivi degli attori locali partendo dagli strumenti (comunità del cibo, distretti rurali, distretti biologici tra gli altri) messi a disposizione dalle normative vigenti in materia.

La finalità della Strategia è la creazione di tale sistema di coordinamento e di governance territoriale, il quale, una volta costituito e opportunamente funzionante, possa essere in grado di delineare un proprio programma d’azione finalizzato alla valorizzazione sistemica del patrimonio agricolo e agroalimentare casentinese.

Il rischio sotteso a tale Strategia da un lato è quello di creare una sovrastruttura pesante e percepita come lontana e inutile dagli attori locali, dall’altro di non riuscire a disporre delle risorse (umane e finanziarie) necessarie a dare continuità di azione. Per questo è importante da una parte utilizzare un approccio partecipato fin dal momento della concezione e costruzione, dall’altra disporre di risorse finanziarie adeguate a garantire l’avvio dell’esperienza e l’impiego di competenze di animazione e tecniche specifiche.

A tale scopo, a supporto della Strategia è proposto l’impiego di figure con competenze di dinamizzatori territoriali (→ S3_T2.3 “Sistema di segnalazione della qualità dei prodotti agroalimentari legati al Casentino”), soggetti in grado di attivare e connettere il capitale sociale e fisico e le risorse territoriali disponibili e di svolgere il ruolo di ponte tra i vari soggetti e operatori territoriali (pubblici, privati e della società civile).

 

Tra le numerose esperienze già presenti e attive in Toscana che possono fornire ispirazione alla presente Strategia si segnalano, in particolare, la Comunità del Cibo e dell’Agrobiodiversità della Garfagnana e il Distretto Biologico di Fiesole. Entrambe queste iniziative hanno portato all’aggregazione di una serie di attori locali (pubblici, privati e della società civile) e all’elaborazione di una forma di governance territoriale adattata al contesto e agli obiettivi perseguiti.

  • La Comunità del Cibo e dell’Agrobiodiversità della Garfagnana si è costituita nel 2017 grazie ad un progetto pilota realizzato dall’Unione Comuni Garfagnana, voluto dalla Regione Toscana e finanziato da Terre Regionali Toscane all’interno del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2014/2020, con un’importante partecipazione di molti dei soggetti che concorrono alle attività del sistema alimentare locale. Nel modello di governance sono stati individuati tre strumenti fondamentali: (1) la Carta della Comunità, (2) il Patto per il cibo e l’agrobiodiversità, e (3) il Piano strategico. Recentemente, la Comunità del cibo ha assunto la forma di Associazione di Promozione Sociale (APS).
  • Il Distretto Biologico di Fiesole è nato nel 2018 come associazione senza scopo di lucro composta da aziende agricole, associazioni, amministrazione comunale, docenti universitari, professionisti del settore e privati cittadini. Esso si propone come finalità la gestione sostenibile delle risorse del territorio fiesolano, la promozione, diffusione e tutela del metodo di produzione biologico nel campo agricolo, agroalimentare, zootecnico, forestale, ambientale, artigianale ed energetico, nonché la sua promozione come progetto culturale, modello di gestione sostenibile delle risorse e scelta necessaria per la sicurezza e la sovranità alimentare. Nel 2024, l’associazione ha assunto personalità giuridica come Ente del Terzo Settore, iscrivendosi al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

La fattibilità delle Azioni in cui la presente Strategia è articolata potrebbe beneficiare del sostegno finanziario della Strategia di Sviluppo Locale del Gruppo di Azione Locale (GAL) Appennino Aretino, con particolare riferimento all’azione di cooperazione “Politiche e Pratiche locali del Cibo”.

Il soggetto promotore delle Azioni correlate a questa Strategia potrebbe essere l’Unione dei Comuni Montani del Casentino oppure il GAL Appennino Aretino. I soggetti interessati a prendere parte alla Strategia potrebbero essere soggetti singoli (ad es., imprese agricole e imprese di trasformazione), realtà organizzate (ad es., associazioni di categoria dei comparti interessati, consorzi e associazioni per la tutela e/o promozione di prodotti specifici, Associazione Biodistretto del Casentino, Associazione Produttori Valteggina a Km 0, GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) attivi nel territorio, Condotta Slow Food del Casentino, e altre associazioni) e soggetti di natura pubblica a vario titolo interessati (tra cui l’Ente Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e le amministrazioni comunali)

link a zenodo o pdf per approfondire?

Strategia 2 T1.1

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Strategia 3 T1.1

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Tematismo T1.2 Valorizzazione del bosco come risorsa ecosistemica

Mario Biggeri, Leonardo Rosini, Sebastian Schweizer

Il bosco è una delle risorse paesaggistiche, naturalistiche e (soprattutto in passato) economiche principali in molte aree interne italiane. L’Unione Europea riconosce la sua funzione per la produzione di servizi ecosistemici di cui gli esseri umani necessitano (MEA, 2005), ma che talvolta sono scarsamente remunerati, tra cui: (1) produzione di legno, frutti e biomassa (funzione di approvvigionamento), (2) regolazione del flusso idrogeologico e assorbimento di CO2 (funzione regolativa), (3) mantenimento di habitat per la vita dei microrganismi e della fauna (funzione di habitat), e (4) mantenimento di paesaggi a scopo turistico e ricreativo-spirituale (funzione culturale).

La valorizzazione della risorsa legno è oggi favorita dal continuo aumento dell’interesse dei consumatori europei verso soluzioni abitative ‘sostenibili’ che lo vedono come materia prima principale: negli ultimi decenni si è assistito nei Paesi del Nord Europa (in particolare, Svezia, Germania, Austria e Svizzera) ad un aumento rilevante della realizzazione di componenti ad alto valore aggiunto per la costruzione di abitazioni esportate prevalentemente nel mercato europeo. Le imprese italiane operanti nel settore della bioedilizia sono tra i principali clienti: infatti, solo 1/3 del legno ad uso strutturale utilizzato viene prodotto in Italia a causa di un basso tasso di foreste sottoposte a piani di gestione (25%, rispetto alla media europea  del 65%) (Concu, 2023), della mancanza di impianti di processamento efficienti, dell’insufficienza di legno di qualità apprezzate (Scarascia Mugnozza et al., 2021), dell’alta frammentazione delle proprietà forestali e della mancanza di associazionismo tra proprietari. Soprattutto, questo avviene in un territorio definito come «ricco di boschi poveri», cioè di boschi giovani di neoformazione su ex territori agropastorali montani o degradati dalle intense utilizzazioni a ceduo, non in grado di produrre legname da opera e con minore capacità di produrre servizi ecosistemici.

In questo quadro, il Casentino, con i suoi 56.500 ettari di bosco, rappresenta una delle tante aree interne italiane in cui la risorsa naturale principale è quella forestale: un ecosistema di elevato valore naturalistico che si estende su quasi l’80% del territorio. Nel corso del tempo, la gestione del bosco, insieme alle attività agropastorali, è stata una delle principali fonti di sussistenza e di reddito per le comunità del Casentino. Il bosco ha rappresentato per secoli uno degli elementi trainanti di una struttura economica molto articolata che ha visto momenti di eccellenza nella produzione di legname da opera di qualità per l’industria navale della Repubblica di Pisa e per la costruzione di palazzi e edifici religiosi di Firenze e, in particolare, per la costruzione del Duomo di Santa Maria del Fiore. Dal periodo di gestione dei monaci Camaldolesi al periodo granducale e attraverso le vicende della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, quando si verificò un forte depauperamento della risorsa forestale, i boschi del Casentino sono giunti ai giorni nostri. Il riconoscimento della loro multifunzionalità e dei valori patrimoniali che esprimono ha portato alla nascita del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna (1989), di importanti Riserve Naturali Statali (Camaldoli, Badia Prataglia, Scodella e Zuccaia) e di numerosi Siti della Rete Europea Natura 2000.

A un’attenta gestione del patrimonio agro-silvo-pastorale all’interno del Parco Nazionale e delle proprietà pubbliche ad opera dell’Unione dei Comuni del Casentino, ove oggi si localizzano la gran parte dei boschi a maggiore maturità e qualità ecologica, si affianca una gestione delle proprietà private caratterizzata da approcci estremamente parcellizzati, con fenomeni di abbandono delle attività agro-silvo-pastorali e di larga diffusione del ceduo nelle matrici quercine di basso o medio versante montano. Questo fenomeno è aggravato dal deterioramento del patrimonio di conoscenze tacite e saperi legati alla cultura forestale e agropastorale e dal conseguente aumento di operatori con inadeguata tecnica e cultura forestale.

In Casentino, nonostante la presenza di importanti filiere produttive del legno, questo quadro ha prodotto da una parte un patrimonio forestale privato oggi in grado di produrre quasi esclusivamente legna da ardere, biomasse a fini energetici o prodotti di bassa qualità (come i pancali) e con ridotta capacità di produrre servizi ecosistemici. Dall’altra, proprietà pubbliche o soggette a strumenti di tutela, la cui attenta gestione selvicolturale ha preservato un patrimonio forestale in grado di produrre legname da opera di qualità e altri importanti servizi ecosistemici.

In tale contesto, il confronto con attori pubblici, privati e della società civile casentinese, svolto tra febbraio e giugno 2024 nell’ambito della ricerca REACT, ha messo in luce le opportunità di sviluppo che potrebbero essere colte attraverso un rinnovato interesse della comunità locale verso la risorsa bosco, intesa come patrimonio collettivo in grado di produrre importanti servizi ecosistemici, ma anche come possibile volano di una transizione ‘verde’ dell’economia locale. Una transizione basata sulla realizzazione di una partnership multi-stakeholder che sia di stimolo alla nascita di nuove attività imprenditoriali, allo sviluppo di quelle preesistenti che già vedono il bosco come una risorsa a chilometro zero e all’interesse dei giovani verso gli impieghi legati alla sua gestione e valorizzazione sostenibile. Si può ritenere che già un riadattamento delle esperienze di gestione forestale sostenibile operanti nei boschi del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino potrebbe costituire un valido modello di riferimento per il miglioramento della qualità della gestione selvicolturale nelle proprietà forestali private. Nel lungo periodo, questo permetterebbe ai privati di aumentare la maturità e, quindi, la qualità dei loro boschi, la capacità di generare servizi ecosistemici e di produrre legname da opera in grado di rifornire le locali filiere produttive del legname di qualità e certificato.

Oggi il patrimonio forestale del Casentino può contribuire efficacemente all’attivazione di processi di rigenerazione territoriale fornendo servizi ecosistemici quali possibile fonte di sviluppo place-based e di nuova occupazione: dall’approvvigionamento di legname da destinare alla produzione di case in legno o di oggetti di alto design, alla produzione di crediti di carbonio sempre più richiesta dalle aziende locali per certificare il loro impegno nella lotta al cambiamento climatico, fino al suo utilizzo per forme di turismo sostenibile, da quello escursionistico, sportivo e naturalistico a quello culturale, esperienziale e spirituale. Il Casentino costituisce, inoltre, un luogo privilegiato dove poter sperimentare nuovi modelli di governance attraverso il riconoscimento e, soprattutto, il pagamento dei servizi ecosistemici (PES) prodotti, che consentirebbe anche ai proprietari di boschi cedui, non più utilizzati per scelta colturale o per localizzazione e antieconomicità dell’intervento, di avere una alternativa economica alla vendita del bosco in piedi. (→ A6_S1_T3.2 “Analizzare e definire modalità di pagamento dei servizi ecosistemici prodotti dalla rete fluviale del Casentino”) 

L’importanza del patrimonio naturale come risorsa di reddito e nuova occupazione giovanile per le aree marginali italiane è anche sottolineata dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne (Barca, Casavola & Lucatelli, 2014). Per il Casentino questo è confermato dalla Strategia d’Area “Casentino e Valtiberina: i Monti dello Spirito” in cui una delle sei azioni strategiche è l’Azione 3. “Sviluppare in modo sostenibile la risorsa bosco e la filiera legno” a cui si lega direttamente l’Azione 5. “Sviluppare un turismo sostenibile e responsabile”.

Nell’ambito del presente Tematismo vengono proposte due Strategie d’intervento:

  1. Approccio coordinato e di lungo periodo per il riconoscimento e la valorizzazione sostenibile dei servizi ecosistemici prodotti dalle foreste del Casentino afferenti ai privati e al Demanio regionale fuori dal Parco Nazionale
  2. Educazione al bosco come risorsa da curare e fonte di reddito e miglioramento della sua attrattività nei confronti dei più giovani e dei visitatori.

La principale difficoltà per l’attuazione di queste Strategie è rappresentata dalla mancanza di una visione complessiva del patrimonio forestale del Casentino, del suo ruolo patrimoniale e di fornitore di servizi ecosistemici alla scala locale e regionale. In secondo luogo, da un insufficiente coordinamento tra gli attori locali che non permette di perseguire in modo sinergico obiettivi comuni e, in particolare, quelli di valorizzazione dei servizi ecosistemici offerti dal patrimonio forestale disponibile. A queste criticità si associa, infine, la presenza di una filiera del legno, a cominciare dalle ditte boschive, talora caratterizzata da un capitale umano sempre meno formato e spesso privo delle necessarie competenze tecniche per perseguire una gestione sostenibile del patrimonio forestale.

Ai fini del miglioramento del coordinamento tra gli attori locali risulta evidente la necessità di integrare non solo i soggetti pubblici e privati, ma le stesse diverse politiche territoriali di settore e, in particolare, quella forestale con quella agricola e turistico-culturale.

 

Nella fase di analisi della ricerca REACT, con riferimento a questo Tematismo, sono stati approfonditi i seguenti Casi di studio:

  • La filiera del legno del Casentino
  • Il carbon farming nelle Foreste Casentinesi
  • Il fall foliage nelle Foreste Casentinesi
  • Il bosco e le attività outdoor: dallo sport al turismo esperienziale e spirituale.

 

Strategia 1 T1.2

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Strategia 2 T1.2

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Ultimo aggiornamento

11.06.2025

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